mercoledì 4 marzo 2015

Un Re


Quando nacqui, nacqui di Venerdì.
"Che è giorno di Re", disse mia madre.

Quando nacqui, nacqui e "La Madre Patria
è ormai perduta", disse ancora.

Quando nacqui, nacqui e "la Terra
s'aprì, ingorgando case e fiumi", disse infine.

E mi raccontò, mia Madre,
della sua Madre Patria:
dei paesaggi, delle oscurità,
dei misteri e delle ricchezze.

Ed io, appena nato,
bevvi le parole col suo latte,
e, con le parole, bevvi le lacrime per una Terra
per la quale sarei potuto esser Re.

Ed io, appena cresciuto,
volli vedere, nel mondo,
di trovare una Terra
che fosse altrettanto Patria.

Volli vedere, nel mondo,
di poter essere Re
ancor prima d'esser Me.



giovedì 28 agosto 2014

Non conosco


Torrente di montagna

ora
ricolmo e presente
invadente nei meandri, nelle piane,
negli androni della case
tra le bestemmie della vita

ora
asciutto e assente
ricolmo d'erbacce e sterpi
che ne nascondono l'alveo
anche agli occhi più assetati

Non conosco la misura del fiume
presente nella piena e nella magra

Non conosco la grandezza del lago
le cui profondità celano acque differenti

Non conosco l'infinità del mare
che agita il vento e l'universo attorno a sé

Conosco l'impeto e l'assenza
la concentrazione e la dispersione
il travolgimento e la distanza

E conosco
le acque mie
che scavano
stagione dopo stagione



lunedì 5 maggio 2014

Disegnami



Con le mani
sulla schiena

Disegnami
le mappe dei sogni che ospiti
in segreto

Disegnami
le nuvole della tempesta in arrivo
con la nuova stagione

Disegnami
la scure che libera gli ostaggi
che della vita han fatto catene

Disegnami
la libertà di essere quel che sei
senza di me

Disegnami
la voglia la poesia
il tormento l'anomalia

Disegnami
quel che ti porta via

E dai un nome
ad ogni colore
ad ogni tracciato
ad ogni confine

Ch'io possa orientarmi
e cercarti se lo vuoi
e fuggirti se non puoi









mercoledì 23 aprile 2014

Sempre questo



"Ormai, però, i prigionieri eran diventati troppi a casa mia, allora erano trenta. Viene Lucia Sarzi ai primi di novembre e dice che il Comitato di Liberazione vuole sfollati i prigionieri, ché il rischio è troppo grande. L'ultimo scaglione deve partire il giorno 25. Ma Aldo dice che ormai il rischio c'è stato, e tanto conviene tentare che la maggior parte dei prigionieri resti nel reggiano, anche non a casa nostra, ma a combattere coi partigiani.
In mezzo a questo pericolo, Aldo era contento di aver rivisto Lucia. Uscirono insieme in bicicletta, era l'ultima volta che si vedevano. Aldo ha un presentimento e dice:
- Lucia, insegnami una canzone nostra, ché se mi fucilano voglio cantarla prima di morire.
- Che idee lugubri - fa Lucia - io la canzone te la insegno, ma per vivere.
- Vorrei tanto vivere e tanto amare, ma viene il tempo che a ciascuno sarà chiesto il massimo. Comunque insegnami la canzone.
Lucia scherzò un po' su quelle parole profetiche di Aldo, ma poi si fece seria e cantò:
Non siam più la Comune di Parigi,
che tu borghese schiacciasti nel sangue,
in più gruppi isolati e divisi,
ma la gran classe dei lavorator.
Aldo rimase commosso e disse : - è vero, Lucia, prima tutti i proletari morivano senza sapere dove andava il loro sacrificio, oggi lo sappiamo. Ma oggi il sangue chiede sangue, finché verrà un giorno che questo destino sarà sciolto.
Lucia era diventata pensierosa.
- Certo, noi siamo quelli che preparano quel giorno, ma non lo vedremo.
- Chissà - rispose Aldo - ma se mi chiedessero in quale tempo vorrei nascere, sceglierei sempre questo."



Da "I Miei Sette Figli", trasposizione del racconto orale di Alcide Cervi di come i suoi figli - Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio ed Ettore - furono incarcerati e fucilati nel dicembre '43, per aver sempre osteggiato apertamente il Regime fascista e per aver preso parte alla Resistenza, offrendo rifugio a tutti coloro che ne avevano bisogno.










Sì... devo dirlo! Ma a chi?



Ma come fare non so!
Sì.. devo dirlo! Ma a chi? 
Se mai qualcuno capirà..
sarà senz'altro un altro come me!


Se scrivo è per me? 
Per me, che mi serve rimettere la realtà, confusa ed emotiva, appallottolata e ruzzolona, in una forma lineare e comprensibile, ma non scevra di sfumature e colori... 

Oppure se scrivo è per te? 
Per te che, nel modo che ho di scrivere della realtà, riesci a cogliere che la mia realtà assomiglia in qualche modo alla tua realtà, e riesci a cogliere quella parte altrimenti nascosta sotto una quotidianità pulita e patinata...

Oppure se scrivo è per me e per te? 
Per noi che la realtà non ci basta mai così com'è quando ci si presenta, e vediamo colori e sfumature dove altri vedono la quotidiana necessità di vivere...

Oppure se scrivo è per loro? 
Per loro che hanno voglia di vedere le sfumature e non se lo permettono, perché una realtà solida e pulita è meglio di una vita scivolosa e macchiata...

Oppure se scrivo è per chi verrà? 

O per chi vorrà? 

E io vorrò?
E tu vorrai?
E loro vorranno?

Vivere senza dimenticare i nostri colori.
Vivere senza dimenticare le loro forme.
Vivere senza dimenticare tanto i colori quanto le forme.

Vivere disegnando. 

Vivere di segnando in segnando.
Vivere di sognando in sognando.

Vivere il bi-sogno di vivere.















venerdì 21 marzo 2014

Piccoli Spazi Politici

Grandi opere, Grandi Capitali, Grandi Eventi, Grandi Rendite, Grandi Manovre… Questa “Europa dei Grandi” strappa dal territorio la quotidianità piccola e minuta, relegandola in spazi comuni sempre più degradati e inefficienti, incanalandola in spazi e situazioni privati, sotto il controllo di pochi. Abbiamo sessantacinque giorni per cogliere l'opportunità di smontare e ricostruire questa Europa, per smontare e ricostruire questa Italia.

Questo hanno sottolineato ieri Domenico Finiguerra e Nicoletta Dosio, all’incontro organizzato dal Comitato Magentino-Abbiatense per " L'Altra Europa con Tsipras".

Difficile, oggi, parlare di programmi politici in maniera adulta.
Eppure Domenico ci riesce. Senza giri di parole, senza arzigogoli. Parla di temi e politiche vere, concrete, possibili.
Parla da adulto agli adulti.
Senza slogan che augurino paternale serenità.
Senza slogan che incitino alla rivolta infantile.

Riportare i cittadini alla politica significa costruire una “cittadinanza politica”, una cittadinanza attiva nel quotidiano, fatta anche di spazi comuni gestibili dalle persone “piccole” e non solo dai Grandi Enti.

Fatta anche di persone possono gestire negozi e attività nelle piazze e nelle periferie.
Non solo di grandi sistemi di distribuzione o grandi servizi.

Fatta anche di persone che possono contare su più trasporto locale.
Non solo di grandi ferrovie transcontinentali.

Fatta anche di persone che possono prendersi cura del territorio con piccole opere di riassetto.
Non solo di grandi opere che il territorio lo trasformano in mera rendita.

Fatta anche di persone che possono gestire reti energetiche produttive.
Non solo di grandi sistemi che l’energia la importano, la trasformano e la monopolizzano.

Fatta anche di persone che si riconoscono reciprocamente il diritto ad esser quello che sono.
Non solo di grandi paure restrittive e pensieri di uniformità sociale.

Fatta anche di persone che “hanno bisogno” e possono rivolgersi a servizi sociali, scolastici e sanitari adeguati, creativi e funzionali.
Non solo di persone disperate che trovano punti di riferimento fittizi o criminosi.

Questa è l’Altra Europa immaginata e voluta da questo movimento.
Questa è l’Altra Europa nella quale voglio credere anch’io.

Un’Europa capace di essere piccola, creativa, comune e quotidiana.

Un’Europa che riempia in modo fecondo gli spazi di vita lasciati vuoti dalle Grandi Opere, dalla Grande Distribuzione, dalle Grandi Rendite e colmate di cemento, di mafie, di servizi privati, di alternative criminose e slot-machine.

La lista "Un'Altra Europa con Tsipras" ha bisogno 150.000 firme in meno di sessanta giorni.
Cercate i banchetti: firmate e fate firmare.




martedì 18 marzo 2014

Dissimilitudini



Dissimulo la fame che ho nelle Mani
Diventando sazio e immacolato

Dissimulo il ricordo delle favole ascoltate
Distribuendo le domande e la malinconia
Dentro una bottiglia nel fiume

Dissimulo il bisogno che ho di stare insieme
Dilatando spazi che non ho
Divincolandomi e facendomi piccolo piccolo

Dissimulo la rabbia l'allegria la codardia
Dissimulo l'apatia vestendola di
lavoro

Dissimulo l'impegno e la fatica vestendoli di sogno
Dissimulo la vergogna indorandola col coraggio
l'egoismo e il tecnicismo,
l'abilità
di essere chi sono, ma anche chi no

Fotografia dipinta
polaroid graffiata e pittata a gusto e somiglianza

E dissimulo la nostalgia
imbottito di impegni
e di segni
nella mente, per la mente
per stare con te,
per stare con me
che poi lo so chi sei?
che poi lo sai chi sono?

Per sognare ancora un po'
d'esser Cavaliere
d'esser Re

d'esser Lancillotto
ed Artù

e Ginevra, tu,
un po' per tutti e due.