mercoledì 21 agosto 2013

I tuffi, dopo.




C’era il mare, una manciata di notti fa. Del resto c’è sempre il mare, quando ti sogno.

C’era il mare e noi eravamo nell’atrio di un grande edificio di legno e mattoni, in cima ad un’isola. Eravamo lì per lo spettacolo teatrale che i tuoi vecchi studenti tenevano per la fine del liceo. Erano tutti cresciuti e tu li salutavi con grandi sorrisi e lacrime gioiose. C’erano persino dei miei insegnanti delle superiori. Tutti mi stringevano le mani e mi sorridevano, e sorridevano anche a te e ti lasciavano passare tra loro: scansandosi gentilmente. Aspettavi un bambino.

La mattina dopo lo spettacolo, l’edificio era un centro termale: ti ci avevo portato in vista del parto. E mentre uscivamo all’aperto, guidati dal medico capo a visitare l’isola, il mare attorno disegnava le più belle insenature che si potessero immaginare: già sognavo di saltarci dentro. Ora però non potevo: Dopo il parto, dicevo, mentre il medico capo mi trascinava più in là, seguendoti.

E il mare intanto si gonfiava: sbatteva forte contro gli scogli, colorandosi di quel blu che è un po’ grigio e un po’ verde, di quando il mare si colora di scuro ma è tanto bello che vorresti tuffartici dentro e disperderti con le onde: bianche, segnate e piene di schiuma. Tu eri dolcissima, lenta, con una bella pancia tonda. E tutti ti salutavano e sorridevano e tu con loro. E camminavi, un po’ tra le onde, un po’ sulle passerelle.

Mentre io mi preoccupavo solo che il mare non ti portasse via, e di trovare il posto giusto dove avrei fatto i tuffi, dopo.




Nessun commento:

Posta un commento